Prime Video ha recentemente intensificato la presenza di pubblicità per gli utenti che scelgono di non pagare il supplemento mensile di 1,99 euro per la visione senza interruzioni. Secondo una comunicazione interna ottenuta da AdWeek, quest’anno il tempo dedicato agli spot è salito in modo significativo, portando a una nuova strategia commerciale mirata a massimizzare le entrate pubblicitarie.
Da inizio 2025, infatti, gli utenti del piano standard si ritrovano a visualizzare tra i 4 e i 6 minuti di pubblicità ogni ora di contenuto, contro i 2-3,5 minuti precedenti. Un cambiamento previsto già dalla fine del 2024, quando Amazon aveva anticipato l’intenzione di aumentare progressivamente la presenza pubblicitaria su Prime Video.
Prime Video aumenta i minuti di pubblicità: lo streaming sta diventando una TV 2.0?
Con questo aggiornamento, Prime Video si allinea a servizi concorrenti come Netflix, che già da tempo adotta un modello simile, con circa 4-5 minuti di spot ogni ora. Tuttavia, il delicato equilibrio tra esperienza utente e introiti pubblicitari resta al centro delle strategie di tutte le piattaforme: troppi annunci rischiano di infastidire gli spettatori e ridurre l’efficacia stessa della pubblicità.
Il problema non riguarda solo la quantità di spot, ma anche la percezione del valore offerto: quando gli utenti iniziano a notare un’esperienza sempre più simile alla televisione tradizionale, ma con un costo mensile, la frustrazione cresce. Le interruzioni troppo frequenti potrebbero quindi allontanare parte del pubblico, soprattutto se non accompagnate da vantaggi evidenti o contenuti esclusivi di alta qualità.
Il confronto diretto con la TV lineare, che in Italia, ad esempio, ha un limite pubblicitario di 12 minuti per ora è un punto critico. Se i servizi streaming si avvicinano troppo a questa soglia, rischiano di perdere una delle loro principali attrattive: la libertà di visione senza troppe interruzioni.
Il timore, per molti osservatori, è che lo streaming stia diventando una sorta di “televisione 2.0”, con sempre meno differenze rispetto alla programmazione tradizionale. La promessa iniziale di contenuti on-demand e senza pubblicità rischia così di dissolversi, mettendo alla prova la pazienza di chi ha scelto queste piattaforme proprio per allontanarsi dai limiti della TV classica.