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Mediaworld: multa da 3,6 milioni di euro per promozioni ingannevoli

L'Antitrust sanziona duramente Mediaworld per aver utilizzato pratiche scorrette ed aggressive che puntano a far comprare al cliente accessori innecessari.

multa Mediaworld

L’AGCM ha sanzionato con una multa di 3,6 milioni di euro Mediamarket, la società che detiene e controlla il marchio Mediaworld a causa di pratiche commerciali scorrette. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha accertato che in diversi punti vendita Mediaworld sul territorio italiano sono state utilizzate modalità ingannevoli per la promozione di alcuni prodotti.

Nello specifico l’AGCM ha individuato che degli articoli spesso presentati come in promozione venivano abbinati e venduti insieme a un accessorio. In tal modo si attraeva il consumatore, che finiva per pagare un prezzo superiore, diverso da quello pubblicizzato.

Mediaworld: multa per pratiche scorrette e aggressive

Come spiega l’AGCM, Mediamarket e Mediaworld hanno fatto ricorso a pratiche scorrette e aggressive, imponendo al consumatore l’acquisto di accessori che normalmente non avrebbe acquistato. Il cliente si trovava così obbligato a sostenere un costo supplementare non previsto e non necessario.

(La società) ha utilizzato modalità ingannevoli per promuovere alcuni prodotti, spesso presentati come in promozione -sia nei volantini sia nei cartelli posizionati nei negozi- che invece venivano abbinati e venduti insieme ad un prodotto accessorio. In questo modo il consumatore pagava un prezzo superiore e diverso rispetto a quello pubblicizzato. Mediamarket ha altresì attuato pratiche scorrette e aggressive che imponevano al consumatore l’acquisto anche di prodotti accessori che non avrebbe altrimenti acquistato, sostenendo così un costo supplementare non previsto.

Antitrust

Un esempio? Su un volantino veniva evidenziato uno smartphone in offerta a 159 euro. Una volta in negozio, però, dovevi acquistare il telefono con una pellicola protettiva già applicata, sborsando 25 euro in più. Un’offerta prendere o lasciare, ma nient’affatto trasparente.

Ma tanti sono i “trucchetti di vendita” che sono stati smascherati, come vendere prodotti di informatica con pacchetti software o contrassegnare ceste in offerta con all’interno un prodotto e un suo accessorio per scoprire solo in cassa che l’accessorio (obbligatorio) aveva un costo in più.

Ad aggravare l’illecito si aggiunge il fatto che queste prassi commerciali hanno riguardato i prodotti più appetibili, come smartphone, computer, tablet, console di gioco e televisori. Si tratta di prodotti che mediamente hanno un prezzo considerevole e che ciclicamente vengono etichettati come “in offerta”. Un aggancio efficace, quello dello sconto, che veniva attenuato imponendo l’acquisto di uno o più accessori.

Questa pratica è in grado di limitare considerevolmente la libertà di scelta dei consumatori in relazione al prodotto da acquistare e li induce – con modalità surrettizie – ad assumere una decisione commerciale per l’acquisto di un prodotto che non avrebbero altrimenti preso, violando il dovere di diligenza e integrando una pratica commerciale scorretta

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Antonio
Antonio
1 anno fa

Ovviamente i soldi spesi non verranno mai recuperati dagli acquirenti ma andranno a ingrassare le casse dell’Antitrust.

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