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ITsART chiude: la piattaforma digitale che diffonde la cultura costa troppo e non ha avuto successo!

ITsART chiude i battenti. Il nuovo Ministro della Cultura ha deciso di non investire più nel progetto nato nel 2020, a causa del poco successo riscontrato: pochi utenti, spese alte e contenuti non esclusivi.

ITsART chiude

Dopo meno di due anni, ITsART chiude i battenti. Il nuovo Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha deciso di tagliare i fondi a “la Netflix della cultura italiana”, su cui il suo predecessore Dario Franceschini aveva investito.

Si trattava di un progetto finanziato dalla Cassa depositi e prestiti in collaborazione con il servizio di streaming meneghino Chili. La piattaforma, resa disponibile nel maggio del 2020, proponeva film, serie, spettacoli, documentari e musica durante i periodi di lockdown e non solo.

Insomma, un servizio nato per offrire contenuti culturali attraverso una modalità fruibile da tutti r in grado di contrastare la difficoltà che il mondo della cultura in presenza – cinema, teatri, musei – viveva nel pieno della pandemia. Ma l’idea iniziale era di continuare a finanziare ITsART anche dopo l’allentamento delle restrizioni.

Ci sarà chi vorrà seguire la prima della Scala in teatro e chi preferirà farlo, pagando, restando a casa.

Dario Franceschini

Già a dicembre 2020, però, iniziavano le prime difficoltà con la piattaforma che faticava a decollare.

Perché ITsART chiude?

Il 29 dicembre 2022 è arrivato l’atto della messa in liquidazione di ITsART, che chiude definitivamente.

La ragione si ritrova nei numeri che rivelano non poche difficoltà: al servizio si sono registrati 141.000 utenti in totale, che hanno portato 246.000 euro di incassi. Cifre che non si avvicinano minimamente a coprire le spese sostenute per lanciare ITsArt. Solo nel 2021 sono stati spesi 7,5 milioni per mantenere la piattaforma; di cui 900.000 euro sono andati al personale. In totale, l’investimento iniziale è stato di 10 milioni di euro da parte dello Stato e di 9 milioni da parte di Chili.

A ciò si aggiunge la non esclusività di alcuni contenuti, a volte disponibili non solo a pagamento sulla piattaforma, ma anche gratuitamente su YouTube.

Per non parlare poi dei prezzi nient’affatto abbordabili: dai 2 euro per il noleggio di un film ai 5 euro per l’acquisto, fino ai 10 euro per i concerti “dal vivo” in streaming.



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